La Corte di Cassazione con sentenza n. 7895/20, depositata il 17 aprile, ha stabilito che il correntista, che agisce in giudizio per la ripetizione dell’indebito, deve fornire la prova non solo degli avvenuti pagamenti, ma anche della mancanza, rispetto agli stessi, di una valida “causa debendi”.
La vicenda. Gli attori agivano in giudizio nei confronti di una banca per accertare e dichiarare che dal 1992 avevano intrattenuto un rapporto di conto corrente con una filiale della stessa; chiedevano la nullità di alcune clausole contrattuali in violazione dell’art. 1283 c.c. con la condanna dell’istituto convenuto alla restituzione delle somme illegittimamente trattenute.
Mentre il Tribunale rigettava la domanda attorea, la Corte d’Appello, in secondo grado, dichiarava la nullità delle clausole contrattuali relative alla capitalizzazione trimestrale degli interessi e al loro tasso ultralegale nonché dichiarava indimostrato il saldo passivo del conto corrente. La banca così impugna la sentenza della Corte territoriale, dinanzi alla Suprema Corte, lamentando violazione dell’art. 2697 c.c. in tema di accertamento negativo.
L’onere probatorio del
correntista. Sulla base di un consolidato orientamento giurisprudenziale,
alle controversie tra banca e correntista, introdotte su domanda si
quest’ultimo per contestare il saldo negativo (per il cliente) e per far
rideterminare i movimenti e il saldo finale del rapporto e ottenere così la
condanna della banca al pagamento delle maggiori spettanze dell’attore,
«quest’ultimo è gravato dal corrispondente onere probatorio, che attiene agli
aspetti oggetto della contestazione».
Il correntista, che agisca in
giudizio per la ripetizione dell’indebito deve fornire la prova non solo degli
avvenuti pagamenti, ma anche della mancanza, rispetto agli stessi, di una
valida “causa debendi”, avendo quindi l’onere
di dimostrare, attraverso documenti, l’andamento del rapporto con la produzione
di tutti gli estratti conto che evidenziano le singole rimesse, suscettibili di
ripetizione in quanto riferite a somme non dovute.
E, poiché la Corte d’Appello non si è uniformata a tale principio, esonerando i
correntisti dall’onere probatorio sopra indicato, i Giudici di legittimità
accolgono il ricorso in esame.
Tratto da “Diritto e Giustizia” del 20 aprile 2020.