“Diritto” a mentire al pubblico ufficiale durante la pandemia

Non sussiste alcun obbligo giuridico di dire la verità sui fatti oggetto dell’autocertificazione Covid-19 per il privato che si trovi sottoposto a controllo nelle circostanze indicate. È quanto stabilito dalla Cassazione a seguito dei processi instauratisi per false autodichiarazioni.

Da oltre un anno, a causa della pandemia da Covid-19, ci imbattiamo in controlli serrati, limitazioni della libertà di movimento e non solo.

Recentemente, dunque, sono stati notificati i primi decreti penali di condanna per chi ha dichiarato il falso nell’autocertificazione. Hanno solcato le porte dei Tribunali d’Italia i primi casi di attestazione di false dichiarazioni in atto pubblico, rese  al pubblico ufficiale su fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità ai sensi  dell’art. 483 c.p., reato punito con la reclusione fino a due anni. E proprio in questa circostanza sono emersi alcuni chiari limiti applicativi dei Dpcm.

In materia di autocertificazioni e obbligo di dire la verità, il GIP di Milano (dott.ssa Alessandra Del Corvo) ha chiarito, con una pronuncia inaspettata, che per il privato sottoposto a controllo non sussiste alcun obbligo giuridico di dire la verità. Non solo; se quest’obbligo esistesse, sarebbe in netto e palese contrasto con il diritto di difesa.

Ne consegue che «in tutti i casi quale quello in esame – nel quale l’autodichiarazione in ipotesi infedele è resa dal privato all’atto di un controllo casuale sul rispetto della normativa emergenziale – appare difficile stabilire quale sia l’atto del pubblico ufficiale nel quale la dichiarazione infedele sia destinata a confluire con tutte le necessarie e previste conseguenze di legge. Da un lato, infatti, il controllo successivo sulla veridicità di quanto dichiarato dai privati è solo eventuale e non necessario da parte della pubblica amministrazione: pertanto, quanto dichiarato dal singolo all’atto della sottoscrizione dell’autodichiarazione  potrebbe  di fatto restare privo di qualunque conseguenza giuridica;  dall’altro, occorrerebbe ipotizzare che l’atto destinato a provare la verità dei fatti auto-dichiarati e certificati dal privato sia il successivo (eventuale) verbale di contestazione di una sanzione amministrativa o l’atto di contestazione di un addebito di natura penale, come l’atto di ‘informativa ai fini della conoscenza del procedimento’ e il ‘verbale di identificazione e dichiarazione o elezione di domicilio’: in proposito, va rilevato che, nel caso di specie, all’epoca di commissione del fatto contestato all’imputato la violazione delle prescrizioni contenute nel D.P.C.M. dell’8.3.2020 relative al divieto di spostamento fuori dalla propria abitazione o Comune di residenza se non per le comprovate ragioni ivi previste era sanzionata penalmente ai sensi dell’art. 650 c.p.».

Tuttavia – prosegue la sentenza – «appare evidente come non sussista alcun obbligo giuridico, per il privato che si trovi sottoposto a controllo nelle circostanze indicate, di ‘dire la verità’ sui fatti oggetto dell’auto-dichiarazione sottoscritta, proprio perché non è rinvenibile nel sistema una norma giuridica che ricolleghi specifici effetti ad uno specifico atto-documento nel quale la dichiarazione falsa del privato sia in ipotesi inserita dal pubblico ufficiale».

Opinando diversamente, «si dovrebbe concludere ritenendo che il privato sia obbligato a ‘dire il vero’ sui ‘fatti’ oggetto dell’auto-dichiarazione resa pur sapendo che ciò potrebbe comportare la sua sottoposizione ad indagini per la commissione di una condotta avente rilevanza penale o, ancora, il suo assoggettamento a sanzioni amministrative pecuniarie anch’esse parimenti afflittive e punitive. Un simile obbligo di riferire la verità non è previsto da alcuna norma di legge e una sua ipotetica configurazione si porrebbe in palese contrasto con il diritto di difesa del singolo (art. 24 Cost.) e con il principio nemo tenetur se detegere, in quanto il privato, scegliendo legittimamente di mentire per non incorrere in sanzioni penali o amministrative, verrebbe comunque assoggettato a sanzione penale per le false dichiarazioni rese». In breve, nessuno può essere obbligato ad affermare la propria responsabilità penale, in tal modo auto-incriminandosi.

Tale ricostruzione logica-deduttiva sarà un precedente richiamato da altri giudicanti?

Vi terremo aggiornati!Autore: Dott.ssa Elisabetta Postiglione

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