In tema di dedotta nullità del contratto di negoziazione titoli per difetto di forma scritta, la Cassazione, con ordinanza n. 8213/20 depositata il 27 aprile 2020, ha chiarito che mentre il disconoscimento della scrittura privata, in mancanza di richiesta di verificazione, preclude l’utilizzabilità della stessa, la contestazione della copia all’originale non impedisce al giudice di accertarne la conformità anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni.
L’origine della
vicenda è la conferma in appello della decisione di primo grado con cui era
stata dichiarata la nullità dei due ordini di acquisto di obbligazioni, con
conseguente condanna della banca alla restituzione delle somme, per difetto di
forma scritta del contratto di negoziazione titoli, a seguito del
disconoscimento da parte dei contraenti di conformità della copia
all’originale.
La banca ricorre per cassazione censurando l’affermazione secondo cui non erano
stati indicati gli indizi gravi, precisi e concordanti di conformità e la
statuizione secondo cui la produzione dei contratti originali era inammissibile
in sede di appello.
Secondo la
Cassazione il motivo è fondato, in quanto la contestazione di conformità di una
copia all’originale ex art. 2719 c.c. non produce gli stessi effetti
del disconoscimento della scrittura privata ex art. 215, comma 1, n.
2, c.p.c.. Infatti, chiarisce la Corte, mentre «il disconoscimento in mancanza
di richiesta di verificazione preclude l’utilizzabilità della scrittura, la
contestazione non impedisce al giudice di accertare la conformità all’originale
anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni».
A tal riguardo, secondo il recente indirizzo delle Sezioni Unite, «prova nuova
indispensabile è quella idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la
ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o
confermandola senza lasciare margine di dubbio, oppure provando quel che era
rimasto non dimostrato o non sufficientemente dimostrato, a prescindere dal
rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per
altra causa, nelle preclusioni istruttorie di primo grado».
Pertanto, secondo i Giudici di legittimità, la statuizione di inammissibilità
dell’esibizione del contratto originale ai fini della valutazione di conformità
della copia già prodotta in primo grado non è conforme a diritto, trattandosi
di documento decisivo ai fini della dedotta nullità del contratto per carenza
di forma scritta.
In accoglimento del ricorso, la Corte cassa la sentenza impugnata con rinvio
alla Corte d’Appello.
Tratto da “Diritto e Giustizia” 28 aprile 2020.