Il debitore può ottenere l’esdebitazione vale a dire la cancellazione dei propri debiti senza perdere la casa famigliare. La giurisprudenza con una lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 67 comma 4 tutela maggiormente il ricorrente anziché il ceto creditorio.

Ristrutturazione dei debiti del consumatore: è possibile salvare l’abitazione famigliare gravata da ipoteca?

La ristrutturazione dei debiti nella legge italiana

Per quanto riguarda la ristrutturazione dei debiti, il codice della crisi dell’impresa e dell’insolvenza è entrato in vigore nell’ordinamento italiano a decorrere dal 15 luglio 2022.

Tra le diverse procedure minori presenti nel nuovo codice della crisi, permane con una diversa dicitura, la cosiddetta “Ristrutturazione dei debiti del Consumatore” (che nella oramai abrogata l. 3/2012 veniva definito “Piano del Consumatore”).

Questa procedura permette al sovraindebitato di ridurre i propri debiti ad una cifra realmente sostenibile, cancellando la restante parte ed evitando la vendita forzata dei propri beni.

Deposito del piano di ristrutturazione dei debiti senza il bene gravato da ipoteca

Tale procedura come previsto nell’articolo 67 comma 4 nel nuovo codice della Crisi, consente al ricorrente di non soddisfare integralmente “i crediti muniti di privilegio, pegno  o  ipoteca”.

Attenzione però che è ammissibile tale istanza sole sesia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione;

avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti oggetto della causa di prelazione, come attestato dall’OCC.

A livello pratico quindi, il consumatore potrà depositare, il piano di ristrutturazione dei debiti espungendo tra le attività messe a disposizione della procedura la vendita della casa famigliare gravata da ipoteca.

Giurisprudenza di merito

In tal senso si sono espressi il Tribunale di Grosseto (r.g. 1844/2020) e Livorno (R.G. 2/2021), i quali hanno dato privilegio, in una lettura costituzionalmente orientata, la tutela personale del ricorrente rispetto al ceto creditorio.

Più in particolare, dalla relazione del gestore nominato emergeva come la vendita dell’immobile avrebbe comportato la necessità per il ricorrente di procacciarsi di una nuova unità locatizia, con il conseguente aggravio di costi nel sostenere le spese del nuovo alloggio.

Dalla relazione si evince poi che il ricavato dalla vendita all’incanto dell’immobile predetto, avrebbe portato nelle casse della procedura un importo minore rispetto alla quota di reddito sborsata mensilmente dal debitore.

In altre parole la somma complessiva, apportata dal ricorrente nella procedura sarebbe stata minore, se egli avesse dovuto sostenere il canone di affitto di un immobile adibito ad uso abitativo.

Ebbene quindi, facendo un’analisi più specifica si evince come, diversamente da quello che può apparire, vi sono ipotesi in cui la vendita dell’immobile gravato da ipoteca, possa non essere la soluzione migliore.

Difatti, la vendita dell’immobile oltre ad avere un effetto psicologicamente devastante per il ricorrente, il quale si vede sottrarre la propria abitazione, frutto di enormi sacrifici per lui e per la sua famiglia; anche per il ceto creditori, tale soluzione non sembra essere la soluzione migliore.

Principi del codice della crisi applicabili alle procedure minori

Ed invero atteso quanto sopra, viene sicuramente in luce, uno dei principi cardine del nuovo codice della crisi, applicabile anche alle procedure minori, come nel caso di specie.

In effetti dalla lettura disposta dell’articolo 4 del nuovo codice della crisi, si prevede al comma 2 della lettera b nella parte seconda che “il debitore assume tempestivamente le iniziative idonee alla rapida definizione dello strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza prescelto, anche al fine di non pregiudicare i diritti dei creditori”.

La scelta del gestore nominato prima e del Giudicante poi appaiono andare proprio nel verso della norma appena evidenziata.

Difatti, la strumento prescelto consente, una definizione più rapida e tempestiva del sovraindebitamento garantendo una maggiore soddisfazione al ceto creditorio.

Ma viepiù, ad avvalorare tale principio vi è pure la lettera successiva, in cui prevede che il debitore debba gestire il patrimonio o l’impresa durante i procedimenti nell’interesse prioritario dei creditori.

Conclusioni

In conclusione quindi, è legittimo “scavalcare” il privilegio o più in generale una garanzia reale nei casi in cui il debitore assuma le iniziative più idonee e immediate a raggiungere l’esdebitazione.

Autore: Dottor Fabio Zanoni

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